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Intervista a Elvis

Sabato 8 febbraio, presso la scuola media di Lozzo di Cadore, si è tenuto un incontro sulla guerra in Bosnia verificatasi nella ex Jugoslavia tra il 1991 e il 1995.
Elvis Pitarevic è un ragazzo che ha vissuto in prima persona quel conflitto, ci racconta la sua esperienza di quando era grande come noi e viveva a Srebrenica, vicino a Sarajevo. Il racconto che ci fa è lungo, articolato e commovente, per motivi di spazio riportiamo solo alcuni passaggi che per noi sono stati più significativi.
I bambini non erano a conoscenza della situazione, dice,
“ Erano giorni normali [……] è entrata dentro [in classe] la direttrice e ha detto di salire sulle corriere a testa bassa perché non dovevano vedere che c’erano dei bambini. Arrivo a casa e dico alla mamma che ci sono venute a prendere le corriere che non sono mai venute e io credevo che fosse un lusso, chiedo il perché e lei dice che sta iniziando la guerra. ”
Elvis narra di quei giorni e della sua sofferta esperienza che avviene a 12 anni, età in cui lasciò il suo paese profugo per salvarsi dalla crudele guerra.
Racconta che le famiglie furono portate in una frazione di Srebrenica e lì vennero divise: gli anziani, le femmine e i ragazzi di età minore di 12 anni da una parte (si sarebbero salvati), i maschi dai 12 ai 77 anni da un’altra (sarebbero stati uccisi tutti, più di ottomila in pochi giorni). Sua madre e i suoi fratelli furono fatti salire su un autobus e portati in un campo profughi a Tuzla. Durante il viaggio il suo pensiero era rivolto al padre che era riuscito a scappare e a rifugiarsi nei boschi insieme agli zii. Riuscì a rivederlo al campo dopo due lunghi mesi, da solo, senza i fratelli che erano morti durante il cammino in montagna, tra Srebrenica e Tuzla.
Elvis racconta anche del viaggio assieme alla sua famiglia verso l’Italia, profugo clandestino, nascosto in un cassone di un camion, sotto un telo blu, fino alla frontiera di Trieste. Un viaggio della speranza e della paura, senza mai uscire da sotto il telo.
Ci racconta della dolce accoglienza che gli offrirono i parenti di Domegge che li tennero nascosti fino alla regolarizzazione della loro posizione, e dell’aiuto dei cittadini italiani che, con rispetto, li hanno accolti.
Dopo il tempo passato al campo profughi di Pieve di Cadore, nella Caserma “Buffa di Perrero”, per vivere ed aiutare la famiglia, il giovane ragazzo decise di lavorare con il padre e tralasciare gli studi con cui si sarebbe assicurato un futuro, forse, migliore.
Dopo un periodo trascorso in Cadore si è trasferito a vivere e a lavorare a Longarone, dove si è sposato e ha avuto due figli e dove attualmente risiede.
Durante la testimonianza si notava uno sguardo triste, cercava di sdrammatizzare la gravità delle storie che via via ci raccontava con ironia, parlando di avvenimenti attuali e chiedendo agli alunni, che lo avevano ascoltato a bocca aperta, se avevano domande.
Ancora adesso Elvis non riesce a dimenticare la tragica esperienza di quegli anni, infatti dice che quando pensa a quel periodo prevale un sentimento di rabbia, dolore, malinconia e ricordi impressi nell’ anima.
La sua storia da inizio a molte domande degli studenti incuriositi e particolarmente colpiti.

Matilde, Lorena e Giorgia

Elvis