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Le case

disegno case 2L’antico abitato di Lozzo si era sviluppato lungo il corso del Rio Rin, partendo dalla borgata dei Zerve. La borgata aveva anche una sua Chiesa, quella di S. Rocco.
Le case erano costruite per la maggior parte in legno con la stalla e il fienile annesso. Il legno, infatti, era il materiale più facilmente reperibile vista l’abbondanza di boschi. Questo tipo di costruzione, tipicamente cadorina, però, proprio per le sue caratteristiche, era molto vulnerabile, bastava un niente perchè si sviluppassero paurosi incendi che rischiavano di propagarsi a tutto il villaggio.

Nel ‘800 il nostro paese ebbe quattro grandi incendi in soli 43 anni . Dei primi tre c’è un’interessante memoria di Antonio Ronzon nel suo Almanacco Cadorino:
(…) Trovo memoria d’un incendio a Lozzo nel 1612; nel presente secolo poi n’avvennero ben tre nel breve periodo di 37 anni, uno nel 1830, il secondo nel 1847, il terzo e più terribile nel 1867(…)”.
Nell’incendio dei primi anni trenta furono distrutte le case di 45 famiglie e 21 fienili; nel secondo del 18 ottobre 1847 furono distrutte 42 abitazioni con 55 fienili e stalle; il terzo, nella notte tra il 15 e il 16 settembre 1867, distrusse 443 abitazioni. In questo incendio rimasero danneggiate la Chiesa parrocchiale, il campanile, la casa comunale e ci furono 3 vittime. Circa 900 abitanti subirono gravi danni, 795 rimasero senza tetto.
disegno case 1(…) Chi non ha veduto lo spettacolo d’un incendio in un paese dell’ alpi non sa che sia orrore e spavento. Erano le dieci e mezzo della notte del 15 settembre 1867 ed era domenica. La gente, com’è suo costume, s’era coricata da poco e non rimanevano desti che qualche gruppo di giovanotti, girovaganti pel paese cantando, o seduti in un’osteria. Quand’ecco si fa sentire la terribile parola: fuoco!fuoco! Ed a quel grido suonar le campane, ed alzarsi pallidi, sonnecchianti, semivestiti, esterrefatti gli abitanti e chiamare aiuto e misericordia è solo un punto. Ma ormai non è più tempo di spegnere il fuoco che, appreso non si sa come ad un fienile in principio del paese, eccitato da un forte vento, che soffia da oriente ad occidente e alimentato dall’enorme quantità di legname, di cui tutte vanno coperte ed in gran parte fabbricate le case, prende in breve proporzioni tremende.(…)” (Antonio Ronzon, “Da Pelmo a Peralba, Almanacco Cadorino 1873-1874, Ed. Nuovi Sentieri, 2005, pag. 104 – 105)
Il quarto e ultimo grave incendio si ebbe il 9 marzo 1876 e distrusse l’intera borgata Zanella.
Il governo austriaco di Venezia, il 15 maggio 1845, decise che tutte le nuove case fossero costruite in pietra per evitare nuove disgrazie.
Il Regno d’Italia continuò su questa linea normativa e dopo l’incendio del 1867 impose un piano di ricostruzione delle abitazioni in modo che le nuove case fossero costruite senza legno, escluso il tetto.
Nella seconda metà dell’ottocento alcuni architetti proposero di costruire i paesi come opere perfette, case tutte uguali, chiese grandi, strade diritte. Questo tipo di pianificazione viene definito “rifabbrico”, il piano di rifabbrico può essere paragonato a quello che oggi è il Piano Regolatore di un comune.
disegno case anticheIn molti paesi di montagna, ad esempio a Lorenzago, è molto evidente il progetto del “rifabbrico”: nella costruzione delle nuove case vi fu la sostituzione delle strutture in legno con la pietra e le nuove borgate vennero disegnate disponendo le abitazioni in righe parallele, case tutte uguali in pietra. In questo modo si trasformò in modo profondo i caratteri dell’abitato tipico cadorino.
Anche a Lozzo le case di Gòuda, Bròilo e Mèdavìla sono testimonianze di questo modo di progettare i nuovi paesi.
Il “rifabbrico” modificò anche il paesaggio rurale del comune, l’area urbana aumentò molto rispetto alla precedente per rispettare le distanze tra gli edifici e, quindi, diminuirono i terreni adibiti all’agricoltura. La strada di collegamento con Auronzo, che prima era dell’incendio passava per la vecchia piazza, con il piano di rifabbrico fu spostata dove passa ancora oggi, tra la ex chiesa parrocchiale e il palazzo Pellegrini.
In Cadore fece molti interventi sul modello del “rifabbrico” l’architetto Segusini che operò molto in Comelico, ad Auronzo e a Lorenzago.
Lo stile della tipica casa di “rifabbrico” di Lozzo è il seguente:
(…) Nel piano sono previsti quattro tipi di costruzioni, di I, II, III e IV classe ciascuno disposto su tre piani più soffitta. La prima classe è formata da sei stanze e una loggia per ciascun piano (…). La seconda classe e di quattro stanze e una loggia per ogni piano (…); la parte retrostante e contigua è adibita a stalla, con sopra il fienile e soffitta. (…) La classe terza ha tre stanze, la loggia tra le prime due e la stalla al piano terra. In corrispondenza dei due piani superiori ha due stanze per ciascuno ed il fienile sopra la stalla.(…) La classe quarta è composta di una loggia al piano terreno e così anche nei piani superiori e serve per una sola famiglia; di lato alla loggia ne viene però affiancata un’altra, delle medesime dimensioni, composta da altre due stanze per alloggiare un’altra famiglia. (…) Ciascuna delle ultime tre classi ha focolare e latrina all’esterno. (…)
(“Il Dizionario della gente di Lozzo”, a cura della Commissione Bibliotecaria di Lozzo di Cadore, Tiziano Edizioni, 2004, pag. 834)
In tempi più recenti le case si fanno con strutture reticolari in cemento armato e i muri non sono più fatti di sassi ma di mattoni però, a ben cercare tra le nuove abitazioni, nella parte vecchia del paese, quella vicina al rio Rin, si possono trovare ancora oggi testimonianze delle case di una volta di “legno”, quelle sopravvissute agli incendi, in stile “cadorino”.
Proprio in questa parte dell’abitato che costeggia il rio Rin si trovano dei vecchi mulini appartenenti ad una “roggia” che sono stati ristrutturati e valorizzati di recente diventando un’ attrazione turistica perchè testimonianza di un tempo in cui le attività avevano bisogno della forza motrice dell’acqua per funzionare: per macinare, per lavorare i tronchi e far girare le macchine di qualche altra manifattura e … per produrre energia elettrica, la centralina di Leo Baldovin.

Matilde

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(Fonti: Antonio Ronzon, “Da Pelmo a Peralba, Almanacco Cadorino 1873-1874, Ed. Nuovi Sentieri, 2005. – “Il Dizionario della gente di Lozzo”, a cura della Commissione Bibliotecaria di Lozzo di Cadore, Tiziano Edizioni, 2004)